Il Marchio

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Insieme alla ditta e all’insegna, il marchio è un dei segni distintivi dell’impresa ed assolve alla funzione di individuare i vari operatori economici, differenziando i prodotti di un imprenditore da quelli dei concorrenti. Tale funzione distintiva permette ai consumatori di riconoscere i prodotti di una determinata impresa operando consapevolmente le proprie scelte.

Il marchio è, dunque, un “collettore di clientela” in quanto ne favorisce la formazione e il mantenimento.

L’articolo 7 del C.P.I. indica le diverse tipologie di marchi stabilendo che “possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa tutti i segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche …“. Secondo l’Articolo 8 C.P.I., anche i ritratti di persone e i nomi propri possono costituire oggetto di marchio, purchè vi sia il consenso dei diretti interessati o dei loro eredi e non si vada al ledere la fama, il credito, il decoro di chi ha il diritto di portare il nome.

Il marchio può essere individuale – contraddistingue la produzione e commercializzazione di beni e servizi da parte di un imprenditore – o collettivo – garantisce l’origine, la natura o la qualità di determinato prodotti o servizi; generale – contraddistingue più prodotti o servizi della stessa impresa – o specifico – utilizzato dal titolare per contraddistinguere una specifica attività tra quelle esercitate dall’impresa; principali – ha il compito di contraddistinguere prodotti e servizi nel mercato –  o cd. difensivo – che, se registrato , diminuisce il rischio di contraffazione. Infine, i marchi possono essere classificati in base all’attività d’impresa distinguendosi, pertanto, in marchi di fabbrica, marchi di commercio e marchi di servizio.

Vi è poi un’altra importante distinzione tra marchio debole e marchio forte, d’origine prettamente giurisprudenziale ed utilizzata per creare contrapposizione tra un marchio già affermato nel mercato, che gode di una sua fama e sedimentato nell’immaginario comune, rispetto ad un marchio che non ha ancora quella forza e capacità distintiva da renderlo assolutamente riconoscibile ai terzi. Da questa distinzione, la giurisprudenza fa discendere un grado maggiore o minore di tutela. in tale contesto si inserisce il secondary meaning ovvero il significato la forza acquisiti da un marchio nel tempo, attraverso la sua commercializzazione e diffusione. E’ la percezione che se ne ha all’interno del mercato che finisce per dargli forza autonoma.

Requisiti fondamentali del marchio sono la novità (l’art. 12 C.P.I. indica il concetto di “nuovo” stabilendo cosa non lo è e quindi individuando cosa non può essere oggetto di registrazione. In aiuto è giunta la riforma del 2010 che con l’art. 13 C.P.I. e la definizione di capacità distintiva, ha chiarito per analogia anche i casi in cui non si ravvisa il requisito della novità ovvero laddove si sia in presenza di denominazioni generiche o descrittive, termini attinti dal linguaggio comune che non abbiano, appunto, capacità distintiva), l’ originalità caratteristica del marchio che gli permette di superare la descrizione del prodotto o del serviziotout court, la capacità distintiva ovvero la capacità del marchio di rendere chiara la provenienza del prodotto, la sua origine, differenziando il prodotto di un’impresa da quella di un’altra, la liceità che fa riferimento a quei marchi che siano contrari alla legge, che inducano in inganno il pubblico, che violino l’altrui diritto d’autore, di proprietà industriale o di altro diritto esclusivo dei terzi.

Il mezzo di tutela per eccellenza che permette al titolare del marchio il pieno godimento dei diritti da esso scaturenti è la registrazione. L’art. 20 C.P.I. stabilisce, infatti, che” i diritti del titolare del marchio d’impresa registrato consistono nella facoltà di fare USO ESCLUSIVO del marchio”.

La norma garantisce una forte tutela del marchio d’impresa registrato, riconoscendo al titolare il diritto di vietare ai terzi l’uso di un segno distintivo identico al proprio, indipendentemente dal rischio di confusione. Tuttavia è necessario precisare che al titolare non è consentito VIETARE ai terzi autoritativamente i comportamenti elencati nella norma, bensì prevede che di fronte a tali comportamenti, il predetto titolare, il cui diritto di uso esclusivo sia stato illegittimamente violato, possa ricorrere all’autorità giudiziaria (civile o penale) per ottenere la cessazione dell’attività illecita e il risarcimento dei danni.

Infine, è d’obbligo un cenno al marchio comunitario: “Sono denominati marchi comunitari i marchi di prodotti o di servizi registrati alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento”Questa la definizione data dall’art. 1 del Regolamento (CE) 207/2009. Il marchio comunitario è un marchio unico avente validità e, quindi, tutela in tutti i Paesi della Comunità Europea. Esso ha carattere “unitario” producendo gli stessi effetti in tutta la Comunità dove può costituire oggetto di trasferimento, formare oggetto di rinuncia o di una decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato solo per la totalità dei Paesi della Comunità.

L’art. 4 del regolamento stabilisce che “possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre la forma dei prodotti o del loro confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese“. Di seguito l’art. 5 specifica i soggetti che possono essere titolari di marchi comunitari.

 


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